La spondilite anchilosante, o spondiloartrite anchilosante, così come l’artrite reumatoide è una patologia sistemica cronica di tipo infiammatorio. Colpisce prevalentemente il rachide, ovvero la struttura principale della colonna vertebrale, nell’area lombare, cervicale e dorsale, ma può colpire anche le piccole articolazioni, come le mani.
La sua caratteristica principale è quella di portare alla fibrosi e alla anchilosi delle articolazioni interessate, da cui l’attributo anchilosante.
Sebbene l’eziologia della spondilite anchilosante non sia nota, gli studiosi sono portati a pensare che vi sia una predisposizione maggiore negli individui dell’etnia europeo caucasica, con prevalenza geografica nei paesi scandinavi e nell’America del Nord. Al contrario, nella popolazione asiatica e africana è una patologia piuttosto rara.
Inoltre, a differenza dalle altre patologie sistemiche, come l’artrite reumatoide, si presenta molto più frequentemente tra gli uomini rispetto che tra le donne, con un rapporto di 2-3:1.
Per quanto non siano ancora accertate le cause che provocano questa patologia, si può osservare una spiccata tendenza alla famigliarità. Si calcola che la probabilità di ammalarsi di spondilite sia 10-20 volte superiore tra coloro che hanno parenti di primo grado affetti da questa malattia rispetto alla popolazione generale [1].
Inoltre, sembrerebbe che esistano dei fattori predisponenti da un punto di vista ambientale, in particolare batteri come la Klesbiella pneumoniae [2].
Per quanto riguarda, invece, le modalità dell’insorgenza, generalmente colpisce pazienti nella terza decade di vita e si presenta con un dolore nell’area lombare della colonna vertebrale, con irradiamento verso la coscia e non oltre il ginocchio.
Gli effetti di questa malattia infiammatoria possono essere particolarmente invalidanti, in quanto riduce sensibilmente la mobilità della colonna vertebrale o delle articolazioni periferiche colpite.
Nelle forme più aggressive provoca la formazione di una struttura unica che rende impossibili alcuni movimenti come la flessione della schiena o persino girare la testa.
A seconda dell’area di coinvolgimento e della presenza di sacroleite, ovvero di infiammazione delle articolazioni sacro iliache, vengono classificate tre tipologie di spondilite:
Si verifica quando colpisce prevalentemente la parte assiale della colonna vertebrale, ovvero la struttura portante, e le articolazioni sacro iliache.
È una forma simile alla spondilite anchilosante assiale ma non presenta segni di sacroileite. Può essere una forma precoce della malattia e, in seguito, evolversi in spondilite anchilosante assiale.
si tratta di una forma di spondilite anchilosante che colpisce prevalentemente le articolazioni periferiche anziché la colonna vertebrale.
Le cause della spondilite anchilosante, così come avviene per molte patologie sistemiche come l’artrite reumatoide, non sono note.
La componente genetica è senza dubbio importante, tanto che è stato identificato il gene HLA-B27 che sembra essere quello responsabile dell’insorgenza della malattia.
Tuttavia, vi sono dei fattori non di tipo genetico, che possono influire sulla probabilità del presentarsi della malattia. In particolare:
La spondilite compare con un dolore localizzato nell’area lombare, tanto che spesso viene genericamente definito come lombalgia .
Una diagnosi precoce permette di distinguerlo dal mal di schiena dovuto a disturbi di tipo traumatico o meccanico.
Poiché si tratta di una malattia di tipo sistemico, a seconda della gravità della patologia, possono presentarsi anche altri disturbi come
Quando compare un dolore persistente che interessa la colonna vertebrale e l’area del bacino, è sempre consigliabile rivolgersi al medico curante o allo specialista affinché possa essere fatta una diagnosi precisa e indicati i trattamenti più efficaci.
La spondilite è una malattia che può degenerare e presentarsi in forma cronica, pertanto è importante una diagnosi precoce.
Non sempre è facile distinguerla da altri disturbi come la lombalgia e, in seguito alla visita obiettiva e all’anamnesi, il medico potrebbe suggerire esami più approfonditi.
Durante la visita medica, lo specialista può eseguire alcuni test di mobilità della colonna, i cui esiti possono far sospettare la presenza della malattia.
Gli esami ematici possono dare ulteriori indicazioni per quanto riguarda la negatività del fattore reumatoide, così come avviene per altre patologie reumatiche come l’artrite reumatoide.
Le radiografie possono essere utilizzate per osservare la presenza di alterazioni a livello della colonna spinale, soprattutto se la patologia è in fase avanzata e ha prodotto deformazioni evidenti. La risonanza magnetica, invece, è utile per una diagnosi più precoce, in quanto può evidenziare stadi infiammatori sia alla colonna sia alle articolazioni periferiche.
Attualmente non esistono dei trattamenti che permettano di curare definitivamente la spondilite anchilosante. Tuttavia, si possono utilizzare delle terapie che hanno la funzione di ridurre il dolore e l’infiammazione:
Si ricorda che le informazioni riportate sono a solo titolo consultativo e non si sostituiscono ad una diagnosi medica. In caso di sintomi consultare sempre il proprio medico o uno specialista.
[1] https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/disturbi-del-tessuto-muscoloscheletrico-e-connettivo/patologie-articolari/spondilite-anchilosante
[2] Renato Rizzi, Dizionario ragionato di reumatologia. Con elemento di Clinica, Semeiotica, Terapia, Nuova Editrice Scientifica e Medica, p. 632
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